LAURA SCARAMOZZINO: LOUISE BROOKS. DUE VITE PARALLELE

Al suo terzo romanzo (il precedente, Screaming Dora, sempre pubblicato da Watson, è del 2019), Laura Scaramozzino resta fedele a un’ispirazione che ha nel fantastico in generale e in una fantascienza dal sapore vintage in particolare il suo baricentro. Louise Brooks. Due vite parallele chiarisce fin dal titolo argomento e protagonista al centro della vicenda. Anche se la Louise Brooks qui messa in scena non è immediatamente sovrapponibile all’iconica interprete dei capolavori di Pabst e Hawks. Scaramozzino trasporta la sua/nostra eroina in un mondo leggermente diverso da quello che conosciamo. C’è una Hollywood, in larga parte simile a quella reale che, però, complice la lingua accorata e partecipe dell’autrice, sembra avvolta dai colori saturi della golden age dello Studio System, nonostante idiosincrasie e tecnologia siano quelle del tempo presente o più propriamente di un futuro prossimo e possibile.

Louise è una star del nuovo cinema impulsoriale, un cinema muto ma girato con mezzi odierni, epidermicamente più espressivo e aderente alla sensibilità dello spettatore. Ha una vita sentimentale movimentata da diverse relazioni, tra cui una con l’amica Greta che, stando alla biografia della vera Louise Brooks, potrebbe essere una versione alternativa della Garbo. In effetti la scatola nera di questa romanzo è rintracciabile nei fatti dell’autentica biografia della protagonista che Scaramozzino mostra di conoscere molto bene e soprattutto di saper decodificare e restituire al lettore sotto forma, per così dire, “aumentata”. D’altra parte il realismo è d’obbligo all’interno di un genere come la fantascienza che proprio nel momento in cui evoca mondi immaginari, per essere credibile, necessita di coerenza e precisione.

Nell’esistenza della diva del muto c’è un evento centrale e drammatico: lo stupro subito da bambina da parte di un vicino di casa. Scaramozzino parte da qui e rielabora un mero fatto aggiungendo una seconda linea narrativa, in stretto dialogo col troncone principale della trama. Da un capitolo all’altro precipitiamo nell’America del diciannovesimo secolo, nel paese del mito fondativo, della frontiera e dei pionieri e veniamo a conoscenza di un fatto di sangue perpetrato da una famiglia di immigrati tedeschi ai danni di una bambina. Guai ad aggiungere altro: il libro è veloce, coeso, acuminato, percorso da una suspense gelida. Tono e svincoli narrativi si situano su una linearità elegante; la scrittura è  vigile e tersa e l’espediente narrativo al cuore del romanzo non sfigurerebbe in un episodio di Ai confini della realtà. D’altra parte la dislocazione su diversi piani temporali aggiunge senso e profondità: è un po’ come se affondando lo sguardo nel passato (di una nazione come delle persone), trovassimo un peccato originale inevitabilmente destinato a marchiare il presente. In questo cono d’ombra Laura Scaramozzino, nell’arco di poco più di cento pagine, lega storie e Storia, realismo e fantastico, elaborazione del lutto e vendetta.

Fabio Orrico

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