Il catalogo di una civiltà che muore

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Ogni giorno che apro gli occhi e mi affaccio dalla mia piccola finestra sul mondo mi accorgo che l’umanità e perduta. Sono molti gli interrogativi che mi pongo quando mi  chiudo la porta di casa alle spalle e inizio la mia giornata tra i miei simili.

Perché  ognuno cammina per la sua strada senza curarsi del vicino che lo sfiora? Come mai ci si guarda in cagnesco avendo paura di scambiarsi un cenno?  Perché non si corre in soccorso di un essere umano che ha bisogno e si fa finta di non vederlo? Sono tutti interrogativi che per me restano senza risposta. Non riesco a capire  che gusto proviamo a voler restare soli in mezzo alla gente. Eppure succede tutti i giorni che un oscuro Dio manda in terra. Sotto i nostri occhi indifferenti si consumano soprusi. Davanti ai nostri sguardi accadono cose inverosimili. Ma noi continuiamo a girare la testa dall’altra parte, a difendere il nostro egoismo. Più che uomini e donne, siamo automi lobotomizzati incancreniti dal nostro ego, e pensiamo che possiamo farcela ignorando l’esistenza dell’altro che quotidianamente  incontriamo  nelle nostre faccende.

Il catalogo della nostra civiltà che muore è questo. Si chiama decadenza il crepuscolo che stiamo attraversando. Siamo su una cattiva strada. Il problema è che la percorriamo da incoscienti, ognuno per la sua parte sta contribuendo alla fine.

Quello che accade  fuori dal nostro ego non ci interessa. Così facciamo del male agli altri perché non vogliamo renderci conto che l’unico modo per  poter vivere dignitosamente è quello  di porsi in ascolto di tutto il vivente che ci circonda.

L’agonia del nostro mondo la dobbiamo ai demoni che ci portiamo dentro. Siamo a un punto di non ritorno se non capiamo che dobbiamo  cominciare  a  stare al gioco  con le altre creature con cui condividiamo questa  vita di passaggio. L’umanità è perduta perché abbiamo perso l’abitudine saggia di investigare l’anima.

Cioran  scriveva: «Non si dovrebbe mai ferire nessuno, ma come fare? Non manifestandosi. Ogni atto ferisce qualcuno. Astenendoci, risparmiamo tutti.  Ma forse la morte è anche meglio dell’astensione».

A noi sta accadendo proprio questo. Preferiamo astenerci restando chiusi nel guscio vuoto del nostro ego, morire giorno per giorno convinti di fare la cosa giusta.

È sufficiente tutto questo per affermare che la nostra civiltà celebra la propria fine. Chiamate il prete, è ora di celebrare il funerale del nostro tempo che  si è spento perché nessuno ha avuto il coraggio di chiamare le cose con il loro nome.

Nicola Vacca

3 pensieri su “Il catalogo di una civiltà che muore

  1. “Non si dovrebbe mai ferire nessuno”, scrive Cioran, ma questo non è possibile, dal momento che esistiamo e che siamo fatti di carne e di sangue.
    (a mio parere, è anche la figura del prete che ha perso consistenza, oltre a tutto il resto).

    fanno bene i pochi eremiti che esistono ancora, a rifugiarsi con i loro demoni …
    per questo occorre un luogo “incontaminato”

    ciao Nicola

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