Ermeneutica dell’oltrepassare

Non è possibile elaborare una normale recensione riguardo il romanzo scritto da Martino Ciano Oltrepassare (A&B edizioni), anzi non è assolutamente mia intenzione fare alcuna recensione, piuttosto tenterò una ermeneutica del flusso di pensiero contenuto nel romanzo e il suo effetto sul mio personale flusso di pensiero, dunque nessuna critica nel senso di analisi del testo, ma un abbandonarsi ad uno stato di esistenza che va oltre.

Nella prefazione fin dalla sua intitolazione emerge una parola latina collegata al dono di un proiettile fatto dal nonno al nipote: “parabellum”. Il richiamo alla preparazione di una guerra è forte e chiaro: para-bellum, prepararsi alla guerra, si vis pacem para bellum, se vuoi la pace prepara la guerra, ma la guerra di cui parliamo non è la guerra con il mondo, o meglio non solo, è la guerra interiore combattuta dentro di noi, dentro la nostra anima: “Noli foras ire, in te ipsum redi, in interiore homine habitat veritas” non cercare fuori, ritorna in te stesso, la verità abita all’interno dell’uomo (S.Agostino, De vera religione, XXXIX, 72).

Questa verità che scaturisce dal nostro conflitto interiore e che fa intravedere l’essere, ci proietta nell’esistenza che procede oltre la stessa esistenza attraverso una dimensione interiore, forse onirica, che ci ricorda il niente egocentrico e meschino di cui siamo rivestiti. Noi siamo l’inconveniente di essere nati nella luce degli occhi degli altri, ma appartenendo a pochissimi che però non ci saranno in limine mortis, poiché la speranza è un’attesa e non c’è una meta ma una fine, un cammino che contiene in se stesso la meta e che è più importante della meta.

Il fine non giustifica la nostra innocenza e dunque non giustifica le nostre azioni rivolte ad un fine, la nostra colpa che include tutte le colpe esiste perché legata alla nostra esistenza, le tenebre dell’esistenza oscurano il sacro che noi possiamo solo immaginare ma non siamo in grado di descrivere e davanti al quale possiamo solo tacere. Il silenzio è forse l’unico atteggiamento dell’anima che ci impedisce di impazzire in un mondo di significati distorti e falsi, ma questo non deve precipitarci nella rassegnazione poiché “ a un disastro si può rispondere solo con un altro disastro”.

 L’allucinazione che contiene la radice greca “alùo” cioè essere fuori di sé, definisce l’essere fuori di sé per l’allucinazione del sacro, che non è un inganno ma un entrare nella “nube della non conoscenza” ove tutto è obliato: la conoscenza, il sapere, la logica razionale; dove non esiste né inizio né fine e l’eternità avvolge l’essere nel suo mistero.

Il nostro esser-ci nel mondo oggi non corrisponde più ad una progettualità umana che sia la base di una vita autentica, l’essere si disintegra in una esistenza inautentica dettata dalla ribellione delle masse lobotomizzate da dispositivi ipnotici, la superficie del mare non è la sua profondità; se dunque noi restituiamo ciò che incautamente abbiamo ricevuto in termini di disvalore, ecco Notre Dame bruciare, ecco bruciare la bellezza che va oltre la morte che imbruttisce la vita e distrugge l’incanto, in fondo noi dimostriamo sempre gratitudine a chi poco ci dona e tutto ci toglie.

Nel Sefer Yetzirah in ebraico: ספר יצירה‎, Sēfer Yĕṣīrāh – Libro della Formazione o Libro della Creazione che è uno dei testi più importanti dell’esoterismo ebraico, le lettere ebraiche sono i 32 sentieri mistici della conoscenza, o anche stati diversi di coscienza, nel romanzo di Martino Ciano una delle protagoniste si chiama Emma, che richiama l’Emmanuele – Dio con noi, spesso invocato durante il racconto, ebbene l’iniziale del nome di Emma è la lettera E a cui è abbinato nel racconto il numero 32, la lettera E dovrebbe corrispondere alla lettera “hey” dell’alfabeto ebraico ovvero i rivestimenti dell’anima le tre dimensioni dello spazio, simbolo della rivelazione di ogni idea nascosta. I tre rivestimenti della potenza dell’anima: Pensiero, Parola, Azione, immanenza di Dio nella creazione, tutte tematiche emergenti nel romanzo di Martino Ciano, cosi come io l’ho interpretato; tutto scorre nell’oltrepassare: “in principio era il segno poi venne il caos”.

Gianfrancesco Caputo

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