Il peso delle parole che fanno rumore

Non si può non concordare con Carlo Carpentieri quando, tra le varie e attente considerazioni presenti nella postfazione da lui firmata alla raccolta La pancia dei pupazzi, sottolinea come siano “lampi che illuminano brevi scorci di vita” quelli a cui l’autrice pone dinanzi il lettore. Alessandra Cella, classe 1980, con già all’attivo pubblicazioni di vario genere che spaziano dalla narrativa al teatro e alla letteratura per l’infanzia, esordisce nel mondo della poesia attraverso tali lampi e scorci illuminati che divengono via via immagini pregne di emozioni.

“C’è qualcosa/ nell’aria/ che sento/ tremare./ Il presentimento/ che anticipa/ l’ora temuta, la voce incrinata/ del cane,/ la mia che si è infranta/ non vuole/ tornare./ Il ciao/ sulla porta/ che ho dimenticato./ La luna/ che tarda/ a venire.”

Una scrittura particolarmente affascinante e degna di nota vibra in queste pagine, nelle quali si susseguono veri e propri frammenti esistenziali (pure di semplice quotidianità) che, nell’arco di quattro fasi lunari, raccontano una sensibilità tutta al femminile. Malinconie a cui si teme di non sopravvivere, paure, sofferenze, solitudini e silenzi, ma anche speranze e “l’ardire di pensarsi felici” s’intrecciano lungo una sorta di narrazione in versi che scandisce stagioni anzitutto dell’anima.

“[…] le lacrime hanno il peso/ della paura/ che nascondevi/ dentro la pancia dei pupazzi/ e la riempivi di carezze/ per fartela/ amica.”

L’autrice, con abilità e maturità sorprendenti, pone in luce nelle quasi quaranta liriche di questa ben riuscita raccolta spaccati di vita da cui si getta uno sguardo attento e indagatore al mondo che ruota tutt’intorno all’io poetico. Un dialogo interiore di grande profondità si fa strada tra brandelli di cuore e detriti d’anima che proiettano ombre inquiete di un sé nel quale, a più riprese, non si stenta a riconoscersi.

Già a una prima lettura, quelli della Cella si rivelano versi concisi, spesso lapidari e proprio per questo dotati di maggiore incisività; privi di fronzoli e restii a ricorrere a inutili ridondanze, essi con poco esprimono tanto mirando all’essenza. Non a caso, nel loro fluttuare, le parole hanno un peso e “[…] Dentro la pancia/ fanno rumore […]”, arrivando a urlare un dolore che diviene insopprimibile. La sua è una voce poetica che cerca la feconda, e forse consolatoria, solitudine del foglio bianco, a cui fa inevitabile ritorno, dove è possibile trasformare “il baluginio in canto”:

“Torno verso il foglio,/ è lì che sono nata […]/ Torno,/ ché ho bisogno di me./ È lì che sono nata,/ è la mia maniera/ di stare sola.”

Impreziosito dalle illustrazioni di Alessandra Patrucco, il volumetto è stato pubblicato nella tarda primavera del 2022 all’interno della collana Quaderni di Poesia della Eretica Edizioni, casa editrice della provincia di Salerno. Un’opera, quella di Alessandra Cella, che finisce per conquistare e coinvolgere chi legge attraverso uno stile che sembra scarnificare volutamente la parola, nonché grazie a una musicalità che affiora tuttavia spontanea tra i versi.

Un viaggio, come recita la quarta di copertina, “dentro il corpo di una donna”, ma – si potrebbe aggiungere – anche nella sua mente che si apre a riflessioni sul significato più recondito dell’umano vivere.

Laura Vargiu

(Alessandra Cella, La pancia dei pupazzi, Eretica Edizioni, 2022, pagine 66, € 15,00)

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