Snobismo e pressapochismo come vera cifra dei politici di carriera: Monsieur de Norpois

Su Proust si ritorna sempre, ci sarebbero tanti argomenti da affrontare ripercorrendo la sua monumentale Recherche, per esempio: la riflessione sulla memoria e la sua relazione col tempo (perduto e ritrovato), le considerazioni sull’opera d’arte (specie quella letteraria) spesso aliena al proprio tempo e per questo non immediatamente riconosciuta, l’immaginazione, la percezione e la costruzione della realtà, e poi ancora il conformismo sociale, l’amore e il sentimento in tutte le sue sfumature, l’elaborata struttura narrativa che si dispiega con ironia godibilissima, per non parlare dello stile  dal complesso periodare caratterizzato dall’ipotassi, e ancora le varie declinazioni dell’io narrante, oppure scene iconiche come quella della madeleine e il continuo interrogarsi del giovane Marcel assalito dalla frustrazione di non essere all’altezza di scrivere un romanzo, intanto che il Marcel autore ne dà una prova magistrale. Non tratterò nessuna di queste tematiche che hanno reso l’opera (assieme all’Ulisse di Joyce) una delle più importanti dello scorso secolo; non mi soffermerò nemmeno sui richiami all’arte italiana (Tiziano, Carpaccio, Benvenuto Cellini), mi occuperò invece di uno dei personaggi minori della Recherche, ovvero il Marchese Monsieur de Norpois, ex ambasciatore aristocratico, vecchio amante della marchesa di Villeparisis, zia del Barone di Charlus, presentato alla voce narrante dal padre – Marcel è così colpito dall’alterigia dell’uomo che è quasi tentato dal baciargli le mani – durante un pranzo, impegno che il Marchese ritiene «facente parte delle sue funzioni». In suo onore, la cuoca Françoise ha preparato un emblematico bue in gelatina di cui il marchese tesse le lodi. La golosità è una delle debolezze del marchese. De Norpois sembra un busto antico esposto in una gipsoteca, dall’espressione immobile, privo di emozioni proprie e sordo a quelle altrui; i grandi occhi azzurri denotano capacità d’osservazione e spirito d’assimilazione. In effetti, si rivela freddo, calcolatore, opportunista. Forzatamente cortese e dall’eloquio che tenta di essere amabile, parla di tutto senza spessore. Per lui scopo di qualsiasi attività umana (mutatis mutandis) è il successo, fine utilitaristico che non bisogna mai perdere d’occhio; non fa eccezione la letteratura, argomento che affronta con disinteresse e noia, come se parlasse del tempo o dei reumatismi, a suo avviso un lavoro come un altro che nel peggiore dei casi può portare alla carriera accademica. La conversazione langue tediosa, Marcel ascolta l’uomo con ansia e agitazione, finché arriva la paventata promessa di raccomandazione. Da perfetto arrampicatore sociale che concepisce la politica come strumento di potere, prestigio e arricchimento personale, Norpois cerca d’introdursi nel mondo che conta – vivere nelle capitali è fondamentale a questo proposito, molto più che leggere libri – per conoscere personaggi famosi e potenti, capi di stato e re e sfruttarne l’amicizia. Con questi il diplomatico di carriera è accondiscendente, mentre ai giornalisti contrari, considerati pennivendoli stipendiati in cerca di visibilità, riserva il suo massimo disprezzo. Norpois ostenta la sicumera e la vaghezza dei politici di professione, non parla mai chiaramente ma per sotterfugi. Pontifica, impreciso e sciatto, senza approfondire ed evitando il confronto, dato che «i nonostante sono sempre dei perché misconosciuti». Tuttavia, «Quelle sue massime di saggezza politica applicandosi soltanto a questioni di forma, di procedura, d’opportunità, erano altrettanto impotenti a risolvere le questioni di fondo quanto lo è, in filosofia, la logica pura a risolvere i problemi dell’esistenza».

Un uomo nella posizione di Norpois deve adempiere coscienziosamente i suoi doveri di cortesia senza scontentare nessuno, dispensare lusinghe e complimenti per accattivarsi la benevolenza dell’interlocutore, proprio come fa durante il pranzo in cui comincia a raccontare storielle per allietare la compagnia e risultare simpatico, impresa che, ahimè, non gli riesce. La sua conversazione non è particolarmente brillante e predilige argomenti allusivi, se non piccanti. Infatti, sebbene si mostri bigotto e perbenista, Norpois è sensibile al fascino femminile di cui si rivela un buon intenditore. Marcel capisce che l’eloquenza e l’ampollosità dell’uomo di mondo aristocratico e vanesio non sono che un modo per celare la stupidità e l’inconsistenza, e che ciò che in letteratura apparirebbe un peccato mortale per la politica è invece un bene imprescindibile, ovvero ripetere a pappagallo ciò che dicono tutti, conformarsi e uniformarsi completamente. Per esempio, pronunciare con veemenza e vigore frasi estrapolate dai giornali e farne slogan, cercare tramite il consenso la legittimazione al proprio operato. A Norpois basta un proverbio o una citazione d’effetto per risultare sagace e colto, non gli servono certo doti di gran letterato e nemmeno essere un genio della finanza, la cosa fondamentale è saper gestire intrighi e indossare con grazia la maschera dell’indifferenza, cioè della superiorità e dell’affettazione. C’è una parola ch’è utile sfoderare, ovvero “affinità”, il corrispettivo oggi potrebbe essere “empatia” o peggio ancora “resilienza”. Le parole perdono del tutto il loro significato se asservite alla manipolazione, d’altronde, Norpois non ama abbastanza gli uomini e le arti per averne a cuore la valorizzazione e il rispetto. Ovviamente, Monsieur de Norpois è molto ricco e ama tanto i valori di borsa e il denaro da attribuirvi un valore estetico. Si mostra abile in fatto di consigli circa percorsi professionali e investimenti, avido di soldi e di potere com’è. «Come tutti i capitalisti, stimava che un cospicuo investimento fosse una cosa invidiabile». La smania di accumulare ricchezza si sovrappone all’attività politica, cosa che ai nostri tempi pare addirittura aumentare la popolarità del cosiddetto self-made man: non di rado costui (sorta di idolo agli occhi di chi sogna di emularne le fantasmagoriche imprese) si butta in politica esercitando le sue doti seduttive sui potenziali elettori tramite la promozione di se stesso, tralasciando completamente le istanze sociali di cui dovrebbe farsi portavoce. Vengono in mente diversi politici, di ogni parte, sia detto, ma anche conduttori televisivi e giornalisti, nuova casta sacerdotale, allo stesso modo melliflui e allusivi. Di personaggi così proliferano nelle stanze dei bottoni di tutto il mondo: per fortuna, cadranno nel dimenticatoio assieme al nulla della loro pochezza intellettuale. Il personaggio letterario invece resterà, come monito, a ricordare il tempo perduto e le occasioni mancate a beneficio di tutti.

Giusi Sciortino

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