Nel sentire il poeta cerca l’uomo

Molte le domande, poche le risposte e soprattutto non bisogna vivere nella speranza che esse arrivino.

La cosa che conta è attraversare il tutto che ci viene messo a disposizione nel nostro passaggio sulla terra.

Questo ho trovato nella nuova poesia di Francesco Aprile, raccolta nel volume Magnitudini apparenti.

Ha ragione il mio amico Gian Ruggero Manzoni quando nella nota critica al libro scrive che nel fare poesia di Francesco Aprile esiste un’ermeneutica della carne e del sangue, un tuffarsi immanente nella vita di tutti i giorni al fine di comprendere, o cercare di farlo, chi siamo nella vita che ci scorre accanto.

Francesco Aprile da poeta vede le cose come sono perché ha scelto di vivere come uomo in mezzo agli uomini.

In Magnitudini apparenti troviamo un poeta che mette a nudo il suo cuore di uomo, la parola che ci propone attraverso la poesia è carica di aspettative esistenziali, ma è soprattutto diretta e schietta, non si nasconde dietro infingimenti e metafore, aderisce al vero che si propone di raccontare e di rappresentare.

È forte il sentire che si legge nei versi di Aprile, la sua poesia è appassionata e soprattutto arriva senza alcuna mediazione.

«Ho imparato a sentire ciò / che le persone non mi dicono, / a far lievitare l‘impasto con / poco lievito, a chiudere un / occhio – serve a colpire meglio / il bersaglio».

Alto è il momento dell’interrogazione nella poesia di Aprile, ogni verso è il tentativo di scavo nella materia oscura di un quotidiano che abbiamo tutti il dovere di attraversare, anche se spesso non lo capiamo con tutti i suoi perché che ci sbatte in faccia.

«Che ne sarà di noi?» si chiede il poeta, e nel suo domandare si può cogliere l’essenza della poesia che, come sosteneva Ungaretti, è arrischiare parole a garanzia dell’uomo.

Francesco Aprile con Magnitudini apparenti   fa voto di umanità, scegliendo di essere un Cantico, sceglie di moltiplicare i grazie, di amputare i niente, aspetta che viene su il caffè per offrirlo in silenzio ai vivi e ai morti.

Francesco Aprile è un poeta (uomo in mezzo agli uomini) che sceglie con le sue parole semplici e mai banali della sua poesia di stare sempre e comunque dalla parte dell’uomo, nonostante stia cadendo nel tempo, precipitando in un’apocalisse che potrebbe avere conseguenze catastrofiche.

«Sarebbe molto bello inchinarsi / a ogni uomo. All’umanità. / Alla grandezza e insufficienza di ciascuno – spirito, prima che / umano».

Sarebbe bello essere veri e autentici in tutta questa apparenza che ci divora. Questa è la scommessa coraggiosa che solo la poesia del cuore può vincere.

Nicola Vacca

(Francesco Aprile, Magnitudini apparenti, GalassiaArte, pagine 64, € 12,50)

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