Con l’istituzione nell’aprile del 1930 della Glavnoe Upravlenie Lagerej(Direzione centrale dei campi) nasce l’acronimo Gulag, che sarebbe divenuto, in seguito alla pubblicazione dell’opera di Aleksandr Solzenicyn, sinonimo stesso del sistema dei campi di detenzione e di lavoro forzato, messo in attività dal regime comunista in Unione Sovietica.
L’Arcipelago Gulag è diventato il simbolo che ha incarnato per l’intero Novecento l’immagine spietata del comunismo sovietico e di tutti i comunismi del mondo: il vero volto del regime comunista si è manifestato attraverso questa macchina infernale di morte e violenza in cui il totalitarismo comprende in sé le deviazioni dell’utopia che si fa tragicamente storia.
Le testimonianze che sono giunte fino a noi da quell’inferno del terrore (Gustav Herling, Arthur Koestler, Varlam Šalamov) documentano il fallimento dell’utopia comunista: ora è davvero difficile negare, con tutto quello che conosciamo, come in Unione Sovietica per quasi un secolo c’è stato un regime spietato che ha imprigionato nel terrore e nella schiavitù la dignità degli esseri umani.
«Oggi siamo in grado – scrive lo storico Richard Pipes – di fare il bilancio di un movimento che ha dominato la maggior parte del Ventesimo secolo e di stabilire se il fallimento sia stato dovuto a un errore umano o a difetti insiti nella sua stessa natura».
Anche la storia che Jacques Rossi narra nel suo libro Com’è era bella questa utopia-Cronache dal Gulag (Marsilio Editori, Venezia 2003, pagine 283, € 14,50) apporterà un significativo contributo per comprendere la filosofia mortale dell’universo concetrazionario su cui era fondata la spietata menzogna del comunismo.
La sua vicenda esistenziale il suo triste destino ricordano da vicino quello di numerosi intellettuali, che sono stati prima incantati dal canto delle sirene dell’utopia comunista , per rimanerne in un secondo momento vittime.
Per Jacques Rossi, che fino al momento del suo arresto non sa niente dell’Unione Sovietica, pur essendo impegnato da comunista a diffondere il comunismo, l’universo concetrazionario in cui verrà imprigionato per vent’anni diventa un’occasione utile per fare delle grandi scoperte .
L’approccio enciclopedico al Gulag è tutto documentato il un’altra opera da lui scritta Le Manuel du Goulag, un libro che sotto forma di voci alfabetiche racconta la drammatica esperienza degli istituti punitivi nei campi di concentramento del comunismo sovietico.
Dalla lettura di alcuni frammenti della singolare vita dell’autore delle Cronache, invece , si comprende come in seguito la sua testimonianza fornirà un ulteriore strumento utile per un atto di denuncia definitivo del comunismo reale.
Jacques Rossi, già membro del partito comunista polacco, nel 1928 viene assunto dal Komintern, come funzionario tecnico. Già a sedici anni frequenta un gruppo di giovani impegnati nelle lotte contro l’ingiustizia sociale. In questo periodo legge Rousseau, Marx, Engels, Lenin, diventando membro del Partito comunista polacco.Dopo una condanna a nove mesi per attività antigovernativa, assunto dal Komintern viaggia per l’Europa sotto falsa identità per divulgare documenti e materiali tra i membri delle varie organizzazioni comuniste. Partecipa alla guerra di Spagna. Improvvisamente viene richiamato a Mosca, dove sono appena iniziati gli anni del Grande Terrore e delle purghe Staliniane.
Rossi viene condannato per spionaggio a favore della Francia e della Polonia. Sconta nel Gulag dieci anni. Allo scadere della pena subisce un nuovo internamento e verrà liberato solo nel 1956.
Durante la sua permanenza nell’inferno comunista del terrore e della violenza raccoglie le testimonianze dei suoi compagni di sventura, caduti , come lui, sotto le grinfie degli aguzzini di Stalin. Quel materiale oggi è diventato una fonte attendibile da cui emerge , senza alcuna enfasi ma con tragico realismo, la deviazione della società reale fondata sul comunismo con le sue aberrazioni utopiche.
«Il Gulag,-scrive Frediano Sessi nell’introduzione- in questo modo, diventa per lui una sorta di laboratorio sociologico che gli mostra la faccia del regime e insieme gli fa comprendere le deviazioni della teoria che si fa storia.
Rossi non scrive le sue cronache e il manuale del Gulag per liberarsi la coscienza , ma per compiere un atto di resistenza contro un regime totalitario e un’idea che rischiano di essere assolti da gran parte del mondo intellettuale dell’Europa e del mondo democratico».
Le pagine memorialistiche di Rossi descrivono fedelmente il cuore del sistema sovietico che ha nella rilevanza del terrore l’elemento costitutivo di un modo di governare e amministrare la società, caratteristica principale di tutti i comunismi presenti nel mondo.
La violenza, il terrore, l’azzeramento della dignità umana sono i parametri rappresentativi della storia del comunismo, che si è servita dei più cruenti metodi di annientamento fisico per imporre il dogma della sua menzogna: il fallimento di false idee egualitarie fondate sulla possibilità ideologica di instaurare forme di società giuste, senza classi, con uguali diritti per tutti e senza privilegi,.
I cento milioni di morti attribuiti al comunismo mondiale oggi dicono che il mito della società fondata sugli uguali ha lasciato dietro di sé nel Ventesimo secolo una lunga scia di sangue dalle dimensioni tragiche , l’esempio più evidente che nel nome dell’utopia l’uomo può realizzare esclusivamente il Male.
La contabilità macabra del sistema Gulag è la prova evidente che dietro i crimini del comunismo si sono sempre nascosti ideali di morte e di terrore.
La cieca ideologia del comunismo non è mai stata portatrice di giustizia sociale e democrazia, ma si è affermata sempre esercitando una forma tirannica e dispotica del potere, che rimane sempre il vizio originario della sua natura di sistema politico fondato esclusivamente su mere ragioni totalitarie.
«La dittatura,- ricorda ancora Pipes – che nel tempo divenne un regime totalitario , era una conseguenza necessaria della vera natura dell’assunzione del potere da parte dei bolscevichi».
Le scene di un’immensa tragedia, di cui Rossi è diretto testimone, gettano una nuova luce sulle atrocità di un regime disumano ai cui ideali egli stesso aveva aderito, comprendendo successivamente che il vero volto del comunismo è quello della dittatura feroce e sanguinaria. «Poco per volta, presi coscienza che le idee comuniste , così seducenti, erano di fatto illusioni irrealizzabili. E che coloro che si erano impegnate a realizzarle dovevano ricorrere inevitabilmente all’inganno, cosa che implicava obbligatoriamente la censura, in definitiva l’instaurazione del terrore di Stato. Ci volle ben poco tempo all’Unione Sovietica per trasformarsi in un immenso villaggio Potëmkin, una scenografia ingannevole che nascondeva un oceano di fango e di sangue.
Sono passati settant’anni da quando mi sono dato anima e corpo al movimento comunista, sinceramente persuaso che avrei difeso la causa della giustizia sociale, alla quale credo tuttora.Ma occorre farsi coraggio e riconoscerlo:mi sono sbagliato».
Jacques Rossi è monto a Parigi nel 2004 nella solitudine di un istituto geriatrico, dimenticato dalle grandi correnti della cultura occidentale.
La sua intera opera definisce il comunismo una catastrofe economica, sociale, politica, ecologica. Gli anni trascorsi nell’inferno del Gulag sono la lucida testimonianza che tutti abbiamo il dovere di ascoltare.
Nicola Vacca
Un pensiero su “Cronache dall’inferno comunista”