Rappresentanza. Una soluzione apolitica

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Che differenza c’è tra Capitan Salvini che tra mojito, seni, tartarughe, tatuaggi e pance flosce, chiede pieni poteri e si lancia in analisi politiche post-sbronza, salvo poi autodistruggersi, e il prode Di Maio che ribalta tutto e si allea con il ruffiano Zingaretti, mentre messere Renzi crea il gruppo moderato dei moderati piddini?

Che futuro possiamo aspettarci dal Cavalier Berlusconi che considera questo esecutivo un Governo di estrema sinistra. E cosa possiamo sperare dalla rabbiosa madame Melonì de Garbatellè che invoca la piazza e sprigiona la sua ira contro tutto e tutti, infiammando un popolo che non sa più interpretare la realtà?

Davvero il Parlamento è quel luogo nel quale la democrazia si esprime, nel quale tutti vengono rappresentati?

Lasciamo a voi le risposte, perché disquisire ci sembra inutile. La solita pesantezza ammacca il cervello, e le parole si inseguono l’una con l’altra nel tentativo di creare un discorso degno di nota o che abbia ancora un significato. In pochi si rivedono in questo desolante quadro, in cui la politica-social a base di slogan e dirette Facebook ha innescato opinionisti senza opinioni.

Il disfattismo è ormai una necessità.

La democrazia-social non può che lasciare basiti perché ha solo creato leader-seguaci, una categoria che rende il popolo vittima e carnefice delle proprie opinioni. I sondaggi ci parlano di un elettorato mobile, capace di spostarsi con grande facilità da un polo all’altro. Il 40 percento  di qualche anno fa di Renzi è oggi anche il 33 percento di Salvini, ed era anche il 35 percento del Movimento Cinque Stelle.

Da che parte sta, quindi, l’elettore?
Chi è ormai l’elettore?

Troppi ignorano la differenza tra una democrazia parlamentare e il presidenzialismo. Troppi credono di votare per un Governo, ma dimenticano quali sono le dinamiche che ci sono dietro la formazione di un Governo. Sono gli stessi opinionisti-ignoranti che a ogni crisi chiedono di cambiare sistema. E perché? Quali benefici apporterebbe?

In tutto questo dove è finita la dialettica?

Non bisogna essere nostalgici. Non bisogna invocare la Prima Repubblica. Certamente, se guardiamo a messinscene come quelle quotidiane ci rendiamo conto che tutto è un gioco, quindi, non ci sono più schieramenti, o colori, o idee.

Solo opinioni e chiacchiere apoliticamente corrette.

Martino Ciano

(Foto dal web.)

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